Ti penso spesso e mi chiedo se ci stai guardando.
Sento più che mai una nostalgia fortissima di persone come te, eppure ultimamente non è che fossimo così spesso in contatto e certe volte mi hai fatto venire dei nervosi che ti avrei preso a pattoni. Ma questo semplicemente perché avevamo visioni differenti su certi aspetti morali e sociali.
Tu eri troppo rigida, anche con te stessa.
Io più morbida, più indulgente, anche e soprattutto con me stessa.
Alla fine dicevi sempre che io rispetto a te ero dotata di una pacifica saggezza, ma a pensarci bene io lo definirei più un saggio paraculismo.
Il tuo terrore era predicare bene e razzolare male, e questo terrore ti ha impedito forse di abbandonarti in pieno alla meravigliosa persona che eri a prescindere, senza metterti continuamente sotto la macchina che impartisce i comandi di ciò che è giusto fare o dire.
Comunque sento la nostalgia di persone come te.
Sapevi di essere una grande ma ascoltavi noi piccoli e da noi riuscivi a trovare qualcosa da imparare, anche quando non c’era un cazzo, tu ci facevi sentire grandi.
Sapevi fare della morale a volte fastidiosa, ma bastava un niente perché avessi una visione illuminata anche di ciò che ti pareva buio.
Sapevi amare, e non ti sei mai fatta un vanto di tutto questo.
Eri bella, eri buona, eri divertente, eri cazzuta, eri una persona che i pattoni li tirava belli forti ma che li sapeva anche prendere, senza paura, senza vergogna, vestita di regale umiltà.
E quando ti volevi bene e allentavi leggermente la tua solida struttura, eri semplicemente pazzesca, un po’ naufraga e un po’ salvagente.
Mi manca la tua ridicola voce nasale, mi manca la tua risata, un tuo abbraccio.
Dove sei, adesso, Simo?
Sei dentro a questo groppo in gola?
Mi stai guardando?
Ma giura, è successo davvero quello che è successo?
Poetica.
“Dimmi come stai,
perché non parli?
Ora tienimi con te, la tua mano nel buio
guarisce la mia solitudine.”
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