venerdì 24 febbraio 2012

il mio abitino in lino


Io sono il mio abitino in lino color lino e non ho mai saputo se sbuco da un negozio o dallo sbarazzo di qualcuno.
Ho le idee un po' confuse dal vento, ricordo solo che l'ultima volta che sono stato indossato era una bella mattina di metà settembre, quando ho fatto un lungo giro per un mercatino di oggetti vintage, abbracciato in vita da una cinturina in cuoio. ho visto comprare su una bancarella un libro sulla biografia di una certa Anna Bolena pubblicato nel 1933, prezzo di copertina 14 lire, ho ascoltato sui gradini della piazza la commovente storia di tal Eto'o, una specie di missionario che per riscattare i bambini del camerun si è fatto dare 20 milioni e mezzo di euro a stagione per andare al ФК Анжи, o almeno così ho capito, sono stato maldestralmente sbrodolato da una lacrima alla cocacola e sbriciolato da un panino che doveva avere un sapore buono, sono tornato a casa, sono stato sfilato da un corpo stanco, ho soggiornato pochi giorni nella cesta dei panni sporchi, sono stato lavato a mano, centrifugato, steso fuori e da allora dimenticato sulla corda di uno stendibiancheria da finestra, terzo piano, vista bosco.
stretto nella morsa dolorosa delle mollette di plastica e metallo arruginito ho visto finire l'estate, l'autunno, le vacanze di natale e il festival di sanremo.
Ho visto venirmi addosso la violenza di un'alluvione, la leggerezza della neve, la fragilità della cenere di sigaretta di quello del piano di sopra e la madreperlacea cremosità della cacca di un piccione.
Ho visto passare al mio fianco altra roba stesa che si è asciugata al sole ed è stata ritirata, ripiegata, riposta e reindossata, mentre io giaccio ancora qui impiccato su una corda.
finire in un banchetto dell'usato al prezzo di copertina di Anna Bolena sarebbe chiedere troppo, finire come straccio per pulire i pavimenti sarebbe già qualcosa.
lancio a un dio che è sulla bocca di tutti la preghiera che arrivi la salvezza della biodegradazione, ci vorranno almeno 100 anni perché sparisca del tutto, se considero anche la cerniera.

(Playground love - Air)

sabato 18 febbraio 2012

Cara Peo,
questa è per te stanotte che non dormirai, stesa su un letto che non è il tuo,
per vegliare su quello che è tuo.


E se un giorno dovessi capitare qui per caso, magari fai finta di niente e passa oltre, eh?


Buonanotte, Peo.
- Buonanotte una sega.


mercoledì 15 febbraio 2012

the logical post

a che era piccola credeva che il frigorifero si chiamasse frigorf, che grasso volesse dire magro e magro volesse dire grasso.
credeva che se avesse toccato un femaforo avrebbe preso la scossa perchè suo fratello una volta ci era rimasto attaccato.
credeva che l'autogrill della pavesi fosse l'unico posto al mondo dove si potevano comperare quelle striscie lunghe di ciucciotti fatti di caramella.
credeva che il signore senza le gambe che chiedeva l'elemosina in piazza terralba non portasse le scarpe perchè non aveva i soldi per comprarle, non perchè non aveva i piedi da infilare.

credeva che gesù bambino prendesse i soldi dai genitori per i regali di natale, non che fosse davvero così ricco da pagare tutto lui.
credeva che in quel bar di sturla il papà giocasse di nascosto a rubamazzetto, non a poker.
e che nella sua testa vivesse una bambina di nome Amen e che seguisse la sua vita come fosse un film, ma quando voleva stare sola le stava un po' sui coglioni, la Amen.
credeva che verso i 6 o 7 anni le sarebbe cresciuto il pisellino, anche se non capiva come mai suo cugino di un anno lo avesse già.
credeva che il suo asilo fosse un posto gigantesco e che la monica disegnasse così bene perchè non si mangiava le unghie.
credeva che la mamma e il papà avessero fatto l'amore per 4 volte, capito?, per ben 4 volte in tutta la loro vita, una per ogni figlio.
credeva che il vinile di paranoid con la spirale bianca e nera che girando faceva venire la nausa fosse il disco del babau e che iron man l'avessero inventata perchè suo fratello, mettendola sul giradischi, potesse farla scappare terrorizzata dalla sua stanza.
quando c'era il vento forte e aveva il suo ombrellino trasparente, credeva che non sarebbe mai volata via fintanto che sua sorella l'avesse tenuta per mano.

sua madre avrebbe voluto chiamarla Amata  ma qualcuno le aveva detto che la gente avrebbe aggiunto una t in più,
allora l'ha chiamata solo a

io invece, che non sono piccola, credo solo due cose:
una, che non ho mai avuto tante certezze come quando ero piccola.
e due, che quel nome mi sarebbe calzato proprio a pennello, ma se me lo avessero dato è probabile che non me lo sarei tanto meritato.
forse aggiungendo una t in più...


(The Logical Song - Supertramp)

martedì 14 febbraio 2012

oggi ho visto pino, il mio "quarto fratello maggiore", l'ex marito di mia sorella,
quel grandissimo microcefalo pezzo di merda.
mi sono pure sbracciata dalla macchina per chiamarlo e salutarlo.
che idiota.

(Stronzo - Dalla)

mercoledì 8 febbraio 2012

Guarda!

e io guardai.


E fu la prima volta che odiai una donna.


venerdì 3 febbraio 2012

Ce-lo

Non ho mai amato particolarmente fare la raccolta delle figurine, trovo che sia un esercizio di costanza e pazienza che non mi appartiene.
Comunque ci ho provato seriamente due volte, la prima con l'album di heidi, la seconda con quello di fiorucci.
Incompiuti entrambi.
Oggi mi tocca seguire il ragazzino in questa pratica sull'album dei calciatori.
Mi sono accorta che quella belina aveva almeno 30 o 40 figurine non doppie che non attaccava perché diceva che gli servivano per scambiarle coi compagni.
Roba da matti, gli ho dovuto spiegare che deve scambiare le doppie, mica quelle che gli mancano, se no cosa cazzo la fa a fare la raccolta?
Ma lui  dice che ci patisce se gli rimangono poche carte per giocare a colletti.
Mio sommo stupore misto ad una punta di terrore: che nelle vene di ragazzino scorra il sangue del nonno materno?


Perchè, giochi a colletti, tu?
No, non ci penso neanche, ma potrei farlo se vorrei.

Cuore, anima.
Eccolo, uno dei tanti marmocchi di oggi, che scambiano i congiuntivi coi condizionali come fossero figurine ma non rischiano più con una mano a colletti, troppa la paura di assottigliare il mazzo di doppie, quando lo scopo è sempre quello: avercelo più grosso (il mazzo, si intende).
Che strana una generazione di gente che non vuole più rischiare nemmeno di perdere una figurina.
Gino si rivolterebbe come una tempesta di sabbia nel suo vaso canopo.
Alla fine l'ho convinto ad attaccare sull'album le figurine che gli mancavano.
Molte gliele ho attaccate io, primo per riscattare quei due disgraziati di heidi e fiorucci che ancora oggi mi compaiono in sogno per chiedermi di dar loro un senso compiuto; secondo perché dopo una laurea cum laude in decoupage, odio spendere 60 cent a pacchetto per vedere le figurine tutte storte che sbordano dalla cornice e fanno quelle orrende piegoline.
Gli ho anche detto che se vuole più carte da scambiare deve iniziare a giocare a colletti.
Mi è sembrato un insegnamento parecchio crudele per un bambino che ancora aspetta il sorcio dei denti, ma realistico e necessario.
Oh amore mio, e fattene una ragione.
che tanto prima o poi nella vita,
volenti o nolenti,
tocca a tutti giocare a colletti.
Col rischio di perdere.


(Blues Scene - Pink Floyd)