martedì 22 settembre 2020

Post non notturno, quindi lucidissimo,

‪Prendersi cura di ciò che si ha.

‪E meritarsi d’averlo.‬

Banale, vero?

‪Eppure solo questo io so dell’amore.‬

giovedì 17 settembre 2020

Suonami un LocoRock

c'era un bambino, alla scuola elementare mia, che una mattina si era cagato addosso in classe. Ho ancora in mente la sua desolazione  piegata a 90 gradi sul banco in attesa che la bidella lo portasse in bagno per pulirlo.

Negli anni successivi ho sempre immaginato che questa triste scena lui se la sarebbe sempre portata appresso come una gobba.

Ma sappiamo bene quanto i bambini siano in grado di essere dei bastardi di fronte all'umiliazione altrui, la cattiveria ingenua sembra quasi la loro estensione naturale; ragion per cui, per quanto mi riguarda, non c'è modo di rimuovere un’altra spiacevole immagine: quella della sottoscritta che ride ferocemente di lui insieme agli altri.

Ma va bene così, sconto questa pena quotidianamente con la colite cronica, e in caso di imprevisti difficilmente riuscirei a trovare nei paraggi una bidella disposta a pulirmi il culo.


Il pezzo che accompagna questo ricordo è una delle tante tracce della colonna sonora di LocoRoco. Ho scelto la prima solo perché è la prima, non perché ritenga che sia la più bella.

A LocoRoco ci ho giocato per mesi intorno ai 35 anni, quando rubavo la PSP a un Edo marmocchio e mentre facevo rotolare in una specie di pianeta onirico le gelatine gialle che si scomponevano e ricomponevano, le mie orecchie si allietavano con un tripudio ininterrotto e ipnotico di sonorità infantili in lingua universale LocoRoco.

Erano proprio loro, le gelatine rimbalzanti e rotolanti, a cantare queste filastrocche arrangiate in modo bizzarro attraverso il rock, la bossa nova, il reggae, la musica afro, il funky, il soul, persino la mazurca, a seconda del quadro in cui mi trovavo.

Un piccolo capolavoro di spensieratezza musicale in un gioco che era semplicemente delizioso.

Quando mi morivano i Locoroco non potevo essere triste e manco incazzata, non con quella musica, come non si può essere tristi se un compagno di scuola si caga nelle mutande in classe. Ti fai una bella risata e via, ricominci il quadro sperando che al Locoroco vada meglio.


Se potessi, andrei a un concerto di musica LocoRoco almeno una volta all’anno, per ricordarmi che essere positivi è importante, anche quando un MojaMoja m’ammazza un LocoRoco, o quando non c’è nessuno che mi aiuti a pulirmi il culo se me la faccio sotto.




LocoRoco, soundtrack #1, Dadhi Dado Da
(Suggerisco l'ascolto dell'intero "album")


domenica 13 settembre 2020

Ballata jazz

Ma per caso qualcuno che - quando su questo palcoscenico decadente senza platea si accende l’occhio di bue, si alza il sipario e parte un isterico graffiante trombone - voglia ballare insieme me senza conchiglia protettiva, mentre la mia intimità buttata in pasto al Nulla ci prende forte a calci nei coglioni esposti, c’è?

Lament, James Louis J.J. Johnson.

“Ballano” Giancarlo Schiaffini e Tiziana Ghiglioni

sabato 5 settembre 2020

Cory

 

Ma dove non arrivano le favole, arrivano le mamme.

martedì 1 settembre 2020

A 1000 ce n’erano


Ieri, 31 agosto 2020, avrei dovuto festeggiare i 24 anni di matrimonio. Quel giorno ero una 24enne felice di realizzare la favola di tutte le bambine, ovvero indossare un abito bianco, non lungo ma corto perché già all’epoca volevo tirarmela da diversa, andare all’altare a braccetto del babbo commosso e al termine della promenade nuziale, trovare il ragazzo che amavo e farmi dare un bacino sul naso, come in effetti egli fece.
Poi vabbè si sa, 20 anni dopo è andata come è andata, tuttavia si visse per un buon periodo felici e contenti.

Ieri, 31 agosto 2020, a 24 anni dalla favoletta, mi hanno fottuto Euro 1.000,00 in contanti (in Lire di 24 anni fa: 1.936.270) che avevo ritirato al bancomat per conto di mia mamma e dal conto di mia mamma. 1000 fruscianti euroni in biglietti arancioni da 50 e blu da 20, piacevolmente lisci e intonsi, un bouquet profumato che solo guardarlo e odorarlo fa scendere la lacrima di commozione. Ho scoperto poi che parte di questi 1000 dovevano essere generosamente destinati ai miei ‘minuti piaceri’, così avrebbe voluto la mamma in questo mio periodo economicamente, come si può dire, ‘di mmerda’ si può dire? diciamo così che rende l’idea: di mmerda.

Qualcosa destinato magari a edo, qualcosa per una parte di fottuta amministrazione condominiale, qualcosa per un prossimo compleanno il 9 settembre. Insomma, quei bigliettoni erano la mia piccola favola odierna, favola che nello stesso giorno in cui si stava compiendo si è trasformata in una sonora inculata a secco, tutt’altro che dignitosa se penso al modo in cui me li sono fatti ciulare, ma degna di questo porco 2020.

Insieme a quelli, il miserabile lupo cattivo mi ha portato via un paio di rayban, tre mascherine usa e getta zozze, una scatola di lego e un sasso portafortuna proveniente dal Bhutan con un cazzo in erezione dipinto sopra con cura: mai più senza, proprio.

Ecco, io adesso non vorrei parlare di karma negativo o di energia maligna, e non vorrei parlare nemmeno della mia immensa vergognosa e decerebrata testa di sasso bhutanese che ha permesso a un lurido figlio di puttana da quattro soldi di diventare un lurido figlio di puttana da qualche soldo in più rubato, come si rubano le caramelle (e i lego) a un bambino.

Io ora vorrei solo avere il cazzo per poter dire che mi sono rotta il cazzo di dare bracciate in un oceano di favole di merda. Mi sono rotta il cazzo di tutto, pure di scriverlo in questa stanza di manicomio dove non ascolta nessuno.


Secondo una tradizione masai, la sposa deve ricevere uno sputo in faccia e una palata di sterco di vacca per essere benedetta. Per oggi, a benedizioni, sono a posto così, grazie.



A mille ce n’è, nel mio cuore di fiabe da narrar  (Fiabe Sonore, Quartetto Radar)