lunedì 22 novembre 2021

Giorni senza senso


Tanti anni fa sono stata a Verona in visita ad un istituito di riabilitazione per bambini cerebrolesi.

Avevo 20 anni e ci aveva spediti lì la Conny per fare due giornate di corso sul metodo Doman (tecniche di stimolazione dei 5 sensi per la rieducazione di cellule cerebrali in sostituzione a quelle danneggiate) in modo che fossimo un minimo informati prima di mettere le nostre mani addosso a Paola.

Lì a Verona, e successivamente con la lettura del libro Il Cervello Incompiuto, ho imparato tante cose interessanti, di cui in gran parte oggi non ricordo una bella mazza. 

Mi ricordo però che ci chiesero quale fosse, secondo noi, il senso senza il quale è quasi impossibile vivere. Senza la vista o senza l’udito vivi, di merda, ma vivi. Sorprendentemente scoprii che è il tatto, perché è il senso che ci dona la consapevolezza del nostro corpo. Il sentire che il corpo ci appartiene, tramite il tatto, permette al cervello di fare arrivare i suoi commandi in ogni sua parte, senza questo sentire sarebbe impossibile anche muoverlo.

Da allora sono diventata una fanatica del tatto, io amo toccare, accarezzare, studiare al buio anche solo una piccola porzione di questo meraviglioso organo che è la pelle usando la mia pelle, in modo che possa imparare a riconoscerne ogni suo particolare, seguirne i perimetri e calcolarne l’area con una logica matematica che solo i miei polpastrelli e i miei palmi conoscono, mentre immagino quale sensazione può provare il destinatario dei miei studi tattili.

Oppure mi diverto a sperimentare la disobbedienza di un mio arto ‘addormentato’, che in quel momento non si sottomette al controllo del mio cervello e trasgredisce qualsiasi comando di sensazione o movimento.

La cosa certa comunque è che nessuno, alla domanda “qual è il senso senza il quale è impossibile vivere” penserebbe al gusto e all’olfatto, perché dai, in fondo sono considerati un po’ gli optional migliorativi che madre natura ci ha donato, gli accessori preposti ad ottimizzare le caratteristiche funzionali e tecniche del veicolo che siamo, per renderci la vita un po’ più comfortable, come il climatizzatore diviso per zone o i sedili riscaldati. 

È ovvio, naturale e giusto che di fronte a un deficit della vista o dell’udito o del tatto si parli di enormi drammi e vite compromesse, e su questo non discuto. Ben più occulto e sottovalutato sarebbe un dramma funzionale e psicologico provocato da un deficit permanente degli altri due sensi e forse per questo nessuno ha mai pensato di immaginare la propria vita senza.

Ma oggi io mi trovo chiusa in casa a sussarmi sto maledetto Covid che finalmente è riuscito a fottermi, e sto pensando che il primo vero ricordo della mia vita, e giuro che non sto scherzando, è legato al senso meno cagato nella scaletta dell’importanza vitale, ovvero il gusto, quello che adesso ho perso insieme al secondo senso meno cagato, l’olfatto.

Il mio ricordo mi parla di un biberon colmo di latte, la cui tettarella ha un buco enorme dal quale passano generosamente tocchi di gustosissimi biscotti maciullati, probabilmente simil plasmon. Il mio ricordo è questa sensazionale sensazione di conforto, godimento infantile e bontà che inonda la mia bocca e mi porta sull’orlo della commozione (ma c’è anche la sensazione tattile della tiepida poltiglia morbida e vellutata sulla lingua che esalta maggiormente l’estasi di sapore dolce).

Mia madre dice che quando ero più grandicella allargava i buchi del biberon con un ferro da calza o con delle forbici in modo che passasse tutto più velocemente, ‘per far prima’ e non fare tardi all’asilo, quindi suppongo che non avessi meno di tre anni.

Non avevo mai pensato che questo fosse il mio primo ricordo fino ad adesso.

Sono giorni che non sento più sapori e non sento più odori, non so per quanto durerà questa storia, ma mi mancano tantissimo.

Sono quelle cose che, appartenendomi da 49 anni, dò per scontate, è tutto così naturale e dovuto che io debba godere di ciò che metto in bocca. Non è scontato che io possa per tutta la vita sentire, vedere o camminare, ma lo è che io possa gustare e odorare.

È scontato sentire tutta la gamma di sapori che esplodono in bocca e ad ogni masticata variano di tonalità e intensità, ed è scontato sentire i profumi o gli odori sgradevoli, perché è cosi da quando nasci, da quando ti ricordi di esistere. È così, è gusto e olfatto che ti accompagnano in ogni istante vissuto, anche il più insignificante.

È così quando annusi la tua pelle o quella della persona che abbracci, è così quando fai la doccia e senti il profumo del bagnoschiuma, quando cucini e metti la faccia sulla padella, è istintivo farlo no?, è così quando ti lavi i denti, quando sudi e sai vergognosamente di fare schifo, quando stai per bere un bicchiere di vino e prima di assaporarlo lo annusi, quando fai la cacca, è così quando dai un bacino sulla testa di tuo figlio e respiri tra i suoi capelli, quando metti il gel nelle mani e le porti subito al naso per sentire se sanno solo di alcool o se sanno anche di buono, quando ti metti una maglietta pulita, o quando dici no questa maglietta è da lavare.

È così quando fai l’amore, quando saluti un’amica per l’ultima volta, quando baci, quando sei al mare o in montagna, quando sei in chiesa o in ospedale, quando sei in un paese straniero o in un negozio di fiori, è così quando sei in pizzeria, è così quando sei felice se lui ti dice che una di queste sere ti porta a mangiare il pesce, è così quando entri in casa della mamma, è così quando ti commuovi per una pasta, è così e basta.

Io non sento più nulla da giorni, e al di là del disagio della febbre, della tosse persistente, dello stare in isolamento, delle mancanze, degli scrolli mentali, al di là del divano che è diventato un tutt’uno con la mia schiena e il mio culo, questa cosa che non sento un cazzo è qualcosa che mi turba, mi fa sentire tristissima, piatta, frigida, derubata, come se al mondo mancassero i colori, al cielo le stelle, alla musica il suono e ai corpi le anime.

Come se fossi un manichino immobile in un mondo finto tutto fatto di plastica.

Sono giorni senza sensi, they wear me out e mi manca persino l’odore della mia merda.



 

Fake Plastic Trees


martedì 16 novembre 2021

 Che voglia di 

Mi vergogno a continuare la frase.

Non è scopare, o drogarmi o altro.

È qualcosa di cui vergognarsi tantissimo.

lunedì 8 novembre 2021

Prendimi a pattoni

Ti penso spesso e mi chiedo se ci stai guardando.

Sento più che mai una nostalgia fortissima di persone come te, eppure ultimamente non è che fossimo così spesso in contatto e certe volte mi hai fatto venire dei nervosi che ti avrei preso a pattoni. Ma questo semplicemente perché avevamo visioni differenti su certi aspetti morali e sociali.


Tu eri troppo rigida, anche con te stessa.

Io più morbida, più indulgente, anche e soprattutto con me stessa.

Alla fine dicevi sempre che io rispetto a te ero dotata di una pacifica saggezza, ma a pensarci bene io lo definirei più un saggio paraculismo.

Il tuo terrore era predicare bene e razzolare male, e questo terrore ti ha impedito forse di abbandonarti in pieno alla meravigliosa persona che eri a prescindere, senza metterti continuamente sotto la macchina che impartisce i comandi di ciò che è giusto fare o dire. 


Comunque sento la nostalgia di persone come te.

Sapevi di essere una grande ma ascoltavi noi piccoli e da noi riuscivi a trovare qualcosa da imparare, anche quando non c’era un cazzo, tu ci facevi sentire grandi.

Sapevi fare della morale a volte fastidiosa, ma bastava un niente perché avessi una visione illuminata anche di ciò che ti pareva buio.

Sapevi amare, e non ti sei mai fatta un vanto di tutto questo.


Eri bella, eri buona, eri divertente, eri cazzuta, eri una persona che i pattoni li tirava belli forti ma che li sapeva anche prendere, senza paura, senza vergogna, vestita di regale umiltà.

E quando ti volevi bene e allentavi leggermente la tua solida struttura, eri semplicemente pazzesca, un po’ naufraga e un po’ salvagente.


Mi manca la tua ridicola voce nasale, mi manca la tua risata, un tuo abbraccio.

Dove sei, adesso, Simo?

Sei dentro a questo groppo in gola?

Mi stai guardando? 

Ma giura, è successo davvero quello che è successo?



Poetica.

“Dimmi come stai,

perché non parli?

Ora tienimi con te, la tua mano nel buio

guarisce la mia solitudine.”


martedì 2 novembre 2021

Bull-shit.

 Ultimamente vorrei un poeta tutto mio
che mettesse in versi
il mio approccio verso i piccoli episodi della mia vita quotidiana.
Vorrei che fosse una creatura bellissima,
fatta come una specie di chimera,
metà Edoardo Sanguineti
e metà Frank Gramuglia,
con qualche inserto di Natalino Balasso
e Ugo Norrea.

Insomma, mi guardo intorno e sono indecisa  se
tornare con le chiappe sulla sedia dai miei psicologi
o se optare per diverse manciate di più economici e liberatori porchiddii,
lanciati un po’ qua e un po’ là,
così, generosamente, leggiadramente,
“con goduria, tripudio,
in buona fede”;
senza impegno e senza prendere troppo la mira,
esattamente come quando gioco a freccette:
dove becco, becco,
‘tanto quelli son come il nero
che va bene su tutto e su tutti:
sarebbe ogni volta un glorioso bull.