domenica 13 luglio 2025

Il cerchio

 Non so se sono gli altri che mi stanno intossicando o se sono io che sto intossicando loro. 

Se hai problemi con tutti, e fattele due domande.

Insopportabile ‘sta frase, che potrebbe essere l’unica risposta che mi merito e mi ripeto da sola come un mantra di merda. 

È quel genere di frase sbrigativa che arriva addosso come una martellata vuota se usata per liquidare un’anima in tempesta.

Mi fa sentire di una taglia emotiva che non va più bene a nessuno e diventa difficile “indossarmi”.

Che poi, il problema forse non è nemmeno la taglia, ma il fatto che la gente oggi non ha più voglia di indossare nessuno.

E comunque quali cazzo di domande dovrei farmi?

Se  sono gli altri che mi stanno intossicando o se sono io che sto intossicando loro?

Perché sono vere entrambe le cose.

È vero che gli altri mi avvelenano perché è vero che sono io che avveleno gli altri.

La verità è un cerchio.

E’ un loop circolare che si autoalimenta.

Una spirale chiusa dove la causa e l’effetto si inseguono e s’inculano a vicenda, fino a perdere il punto di origine. Perché in un cerchio questo punto non è mai esistito.

Il cerchio non ha un inizio né una fine, non ha un punto in cui si spezza e cambia improvvisamente direzione.

Io me ne faccio eccome di domande, in continuazione, me ne faccio fin troppe.

Che poi sono sicura che sono le stesse che si fanno tutti, solo che non tutti sono coscienti di porsele.

Domande che racchiudono sensi di colpa, dualismi, lotte interne tra la certezza di essere i giustissimi e gli onniscientissimi e il fastidioso costante dubbio di essere tutti così vergognosamente sbagliati e ignoranti. 

Domande che non dovrebbero assolverci e non dovrebbero nemmeno accusare.

È qui che si genera il loop e quindi il ritorno costante delle stesse dinamiche interiori, delle corse nel cerchio, delle dosi di veleno che ci scambiamo reciprocamente e della stessa fottutissima domanda, sono gli altri o sono io

Come se la propria salvezza dipendesse solo dall’aver individuato il colpevole.

Siamo tutti.

A volte avrei solo bisogno di uscire dalla verità del cerchio e potermi stravaccare sul divano dell’anima di qualcuno senza dover giustificare ogni respiro e ogni battito di cuore che non va a tempo con la musica degli altri.

Ma magari quel qualcuno in quel momento è nel suo cerchio che corre e si invexenda come un disperato e nella sua anima non ha manco una sedia scomoda da offrirmi.

O magari si aspetta che possa essere io ad offrigli quel divano e io, correndo, gli rispondo ‘fuori dai coglioni, non vedi che c’ho da fare?’

Mi vien da ridere.

E mi viene anche voglia di bestemmiare.

Povero dio, sempre in mezzo.

In fondo è un povero diavolo pure lui, che non è riuscito a fare di meglio.



Gone, The Kruder&Dorfmeister

sabato 14 giugno 2025

Dissezione anatomica di un pensiero

 ⚠️ Attenzione: questo post contiene immagini che potrebbero urtare la sensibilità di alcuni utenti, ma per fortuna gli utenti (sensibili e non) che cagano questo blog si sono defilati da tempo, pertanto le presunte sensibilità possono stare serene. 

Sono appena rientrata da Napoli dove ho fatto un cadaver lab per 28 ortopedici su quelli che in gergo si chiamano “specimen” o “preparati anatomici” (o nel nostro slang “i ragazzi”), che altro non sono che pezzi di corpo umano su cui degli individui chiamati “i discenti” si esercitano in tecniche chirurgiche o infiltrative o radiodiagnostiche, dissezionano, tagliano, cuciono, insomma: simulano e giocano.

Nello specifico ⚠️ l’immagine che urta la sensibilità è un Arm-Shoulder.


Il motivo per cui pubblico la foto non è per il gusto dell’orrido o per fare macabro sensazionalismo. O almeno, non in questo caso.

La pubblico con il cuore gonfio di uno strano mix di consapevolezza, senso nostalgico e gratitudine per ciò che siamo oggi e che un giorno non saremo più.

La pubblico in onore di ciò che siamo capaci di dare ma anche con la vergogna per ciò che siamo capaci di togliere.

Questo braccio arrivato congelato insieme ad altri “ragazzi” dagli Stati Uniti fino a Napoli per essere posizionato su un tavolo operatorio in modo così naturale, come se appartenesse ancora ad un corpo addormentato sul suo letto, sta per prestarsi alla scienza ortopedica.

Guardandolo non è certo facile immaginare che fino a pochissimo tempo fa ha accarezzato, ha salutato, ha abbracciato, ha tirato dei pattoni e ha mandato affanculo della gente.

Un tempo ha mandato messaggi, ha fatto sesso, ha cullato un bambino, ha indossato un anello o un bracciale, ha portato cibo alla bocca, ha brindato, ha pulito il culo e ha scritto cose.

Chi lo guarda inorridisce, dice bèhh che schifo, sente il suo odore ed emette il suono gutturale del conato di vomito. Qualcun altro scatta la foto che poi viene uazzappata a qualche conoscente per farsi bello con orrido divertimento (ammetto di averlo fatto in occasione di diversi cadlab, compreso questo).

Poi, dopo averlo guardato, schifato fotografato e uazzappato, come se niente fosse riprende a pensare ai cazzi della sua vita, al centro dell’attenzione solo di sé stesso e ignorando il fatto di non essere il centro del mondo di qualcun altro, perché anche quell’altro ha al centro del mondo, giustappunto, sé stesso.

Durante questo cadaver lab, non ho partecipato alla dissezione del braccio. Ma ho preso coscienza di una cosa importante che ritengo ugualmente Scienza.

Ho imparato che tutti noi siamo l’intero libro della nostra vita e al tempo stesso un semplice capitolo, più o meno lungo, della vita degli altri.

Ho pensato molto a come mi sono comportata in questi giorni, a cosa ho provato, a certe stonature che facevo finta di non sentire ma che percepivo così forti da spingermi a trovare una scusa qualunque per far detonare lo strano disagio che mi possedeva.

Ho quindi dissezionato strato per strato tutta la materia emotiva che si è liberata.

Il pensiero si è poi soffermato sull’immagine di quella elegante lacrima che ho visto scendere lentamente nel perfetto centro di una guancia e ho immaginato che fosse causata dalla stessa identica afflizione mista ad un filo di rabbia che stavo provando io: c’è qualcosa che non va nei nostri reciproci capitoli. Ed è stata quella lacrima così perfetta e unica a scatenare le mie che non scendono mai al centro ma si spantegano disordinatamente sui due lati del viso.

Ho infine capito che all’origine di tutto sto malessere interiore c’era il rifiuto di accettare che i capitoli bisogna saperli chiudere quando finiscono di raccontare una storia, quando certe connessioni così speciali e forti non riesci più a ricollegarle come un tempo. Perché il tempo, le esperienze e gli eventi cambiano le persone, ci cambiano tutti, in continuazione.

Ci impongono diverse priorità, ci evolvono su certi aspetti, ci fanno regredire su altri, ci illuminano verso nuovi punti di vista, e ne mettono in ombra altri, ci avvicinano a cose e ci allontanano da altre.

E non è una cosa brutta.

È una cosa semplicemente naturale, fisiologica.

Devi accettare che il tuo libro continui, perché è la tua vita, ma con nuovi capitoli che a loro volta, un giorno, lasceranno il posto ad altri.

Nello stesso tempo devi accettare di diventare il capitoletto chiuso di un libro che non è il tuo. 

Senza rancore, senza l’accanimento  di tenerli entrambi aperti, perché al momento (magari non definitivamente) non hanno più nulla a che fare con i libri su cui sono stati scritti.

Siamo tutti, da sempre, dei capitoli che hanno raccontato tante cose nei libri degli altri e che ad un certo punto devono essere messi a giacere in quella posizione lì, così naturale e abbandonata.

Proprio come questo braccio al servizio della scienza, e quando lo guardiamo in tutta la sua scioccante crudezza e drammaticità, non dovrebbe ⚠️ urtare le nostre ipocrite sensibilità di merda ma, al contrario, dovrebbe evocare cosa ha rappresentato quando era un tutt’uno con il resto del corpo e controllato da un cervello.

Che magari è stato pure più brillante e sensibile del nostro.





venerdì 18 aprile 2025

Non sono superstiziosa

 Fin da ragazzetta ho sempre fatto le scommessine macabre, quelle che “se succede questo, succederà quest’altro”.

Penso che le facciano un po’ tutti, tu le fai? Non te lo chiedo neanche perché ‘tanto non te ne frega un cazzo. Sicuramente le fai come tutti quanti, ma non troveresti importante rispondere alla mia domanda, perché intuiresti che per me è importante in questo preciso momento sapere se tu le fai. Sono le piccole curiosità che mi piacciono, che mi farebbero scoprire qualcosa di più di te, io sono sempre curiosa di conoscere le piccole cose di chi mi sta affianco. Pure le cagate insignificanti. Mi stimola, mi emoziona, mi fa sentire un’esploratrice di anime belle.

Ma ti immagini se ora entrassi su uazzap e ti chiedessi a bruciapelo “scusa ma tu le fai le scommessine macabre?”

Minchia che figura di merda che farei, specie in questi giorni in cui ti ho fatto più schifo di un vespasiano. Ti farei girare i coglioni talmente forte che dirotterebbero l’AZ1389 su Pisa per il vento che c’è a Genova.

Penseresti che è una domanda trabocchettotendeziosa, che chissà dove voglio arrivare.

O penseresti ma che importanza ha, che ci acchiappa con i problemi reali che stiamo affrontando. Che cazzo te ne frega. Ma soprattutto, penseresti che mi frega di rispondere.

E quindi faresti finta di non capire per non darmi corda. 

E io dovrei spiegare, fare esempi, mi verrebbe il nervoso perché non capisci il senso della domanda e come si contestualizza in un venerdì sera alle quasi 23:00, e avresti pure ragione.

No, meglio evitare e tenermi la curiosità e quel briciolo di dignità.

In fondo in effetti, anche a me cosa  mi frega di saperlo.

Comunque, dicevo, tu le fai le scommessine macabre?

Perché io sì, sempre.

Sono il mio oracolo ignorante.

La risposta alle domande esistenziali sul senso della mia vita.

Ciò che mi indica la via, il destino,  sono i piccoli segni che mi vengono a cercare. 

Scommetto che se succede quella cosa, allora succederà quell’altra.

E nel momento in cui sta per rivelarsi il risultato della scommessina, ho un brivido orribile.

Perché in genere la mia scommessa riguarda sempre qualcosa di brutto, mai di bello.

Non scommetto mai sul bello.

Catastrofi. Delusioni.

Rotture di coglioni, insomma.

Infatti si chiama macabra mica a caso.

Diomio, manco quando ero ragazzetta scommettevo sul bello.

Brutto essere cancro ascendente cancro, sai? A qualsiasi età.

Prossima volta nasco scorpione ascendente gemelli e ve ne potete andare tutti a fare nel culo, che tanto io c’ho le carte coi super poteri.

Che se lo ricordino i miei futuri genitori di scopare a carnevale e farmi nascere con le carte.


Per esempio, scommessina macabra che facevo poco fa: Se lo trovo on line su ig, ce l’ho nel culo. 

Brivido.

Vertigo.

Spirale bianca e nera.

Paranoid.

Disco del babau.

Caccia la bimba fuori dalla finestra.

Speriamo di no, speriamo di no.


🟢



When you believe in things that you don’t understand, then you suffer.


La Santa Pasqua mi è sempre stata un po’ sul cazzo.

Quest’anno di più.






lunedì 31 marzo 2025

Xfetta

  La mia ciclicità l’ho persa da un paio di anni, e per tutto il periodo in cui la sono stata, ho ignorato che razza di meravigliosa creatura variopinta ed eroica (ancorché rompicoglioni) io fossi, solo per il fatto di essere ciclica.

Insomma, quando ero Perfetta, non sapevo mica di essere Perfetta.

L’altro giorno ho dovuto chiedere alla Giusy qual è il contrario di ciclica.

Ma nessuna opzione mi piaceva.

Alla fine ho scelto stabile.

Perché è così che mi sento. 

Una stabile agonizzante. Ovviamente mantenendo ferma la caratteristica della rompicoglioni.

Stabile agonizzante, rompicoglioni.

Io non so cosa accada interiormente in questa mia stabilità agonizzante, non riesco a coglierlo e a percepirne il senso, ma non mi ispira mica tanto, così, a sentimento.

Ci fosse ancora Torre, buonanima, magari ne scriverebbe un bel pezzo teatrale con quella sua lucida ironia e formidabile intuizione maschile, che ha saputo raccontare la donna ciclica mille volte meglio di una donna ciclica.

Se avesse potuto invecchiare, quest’uomo avrebbe raccontato cosa succede alla donna stabile agonizzante, di quale misterioso ruolo si veste, l’avrebbe resa oggetto di un divertente studio antropologico, magari l’avrebbe trasformata in splendida e immensa ministra del divino.

La naturale evoluzione della Perfetta.

E oggi io, seguitando col mestiere di rompere allegramente i coglioni un po’ qua e un po’ là, avrei potuto apprezzarmi un filino di più. 



martedì 18 febbraio 2025

Ora

 Torno qui per dirti che sta trascorrendo tutto troppo velocemente per certe cose e tutto troppo lentamente per altre.

Troppo velocemente per la bella giovinezza che mi sfugge tuttavia.

Troppo lentamente per una pensione mi stan portando via.

Questa è un’età di merda.

È difficile invecchiare tanto quanto è difficile non essere ancora abbastanza vecchi.

Sono troppo indecisa.

Se in questo momento avessi il potere di rallentare il tempo o accelerarlo, nel dilemma sceglierei il divano, le sambuche e le sigarette che mi appartengono ORA.

Né di venere né di marte non si dà principio all’arte. 

Facciamo che scelgo domani che è mercoledì.


(Odio mettere i titoli ai miei post del cazzo.)

sabato 8 febbraio 2025

Come puoi immaginare

 Come puoi immaginare, è tutto molto sconcertante.

Mi chiedono come sto, ma io non so rispondere e non ne ho nemmeno voglia.

Ho solo voglia di non vedere più nessuno.

I miei cari fratelli, il mio caro amore, i miei cari colleghi.

Nessuno.

Mi pesa tutto il resto che sta intorno e che mi fa sentire la nostalgia di una vita normale.

Come se tutto il resto e la vita normale fossero solo una sporca tentazione. Un peccato.

Non c’è nulla che mi stimoli interesse.

Ho letto il testo della canzone che Cristicchi canterà a Sanremo tra una settimana.

Vorrei non sentirla, vorrei che lei non la sentisse. 

Non c’è momento più sbagliato per la tanto agognata laurea di mio figlio e per questa canzone.

Come puoi immaginare, è tutto molto disorientante.

lunedì 3 febbraio 2025

My Baby Boomer

  È una mia tipica e ormai rodata strategia di sopravvivenza quella di buttare le cose sul black humor di merda per non soccombere.

Ho sempre pensato che le esperienze della vita e le attitudini caratteriali possano essere sfruttabili anche sul piano professionale.

Dato che da tempo ormai mi sono rotta i coglioni di organizzare eventi per delle bande di viziati, il mio sogno nel cassetto era quello di organizzare funerali, che peraltro rendono molti più denari rispetto agli eventi dei vivi.

Oggi ho pensato ad un’estensione, o meglio, a un “prequel” della mia futura impresa di pompe funebri, perché sto acquisendo nuove competenze che riguardano la gestione domiciliare dell’anziano: terapie, cure, igiene personale, presidi, pratiche burocratiche e robe così.

E quindi ecco che quella parte di me che non vuole che io soccomba in un clima di distruzione, stanchezza, paura e dolore, fa nascere un nuovo progetto:


BABY BOOMERS srl

Servizi per l’Anziano

Dalla badante alla lapide, ci occupiamo noi di tutto.

Tu devi solo metterci il vecchio.


Piace? Funziona?

Non so, bisogna lavorare un po’ sul naming, sul payoff, sul claim e sul marketing (qui c’è un po’ di tesi di Edo, lo ammetto).

Bisogna lavorare sulla parte di me che concepisce queste stronzate di cattivo gusto, ma anche su quell’altra che invece soccombe.

Perché io te lo dico: (tanto vabbè i miei desideri non contano un bel cazzo ed è il destino che decide) ma io voglio morire prima.

Non so quanto prima, ma di sicuro prima.

Vedere come si è trasformato il corpo di mia madre, che non avevo mai visto nudo, è una delle cose che mi ha sconvolto di più in questi giorni e che non riesco a togliermi dalla testa.

Provo per lei una tenerezza infinita.

Tu sai quanto sia in grado di farmi incazzare quella donna.

Eppure in questi giorni non c’è stato un solo attimo in cui l’abbia malsopportata.

Mi pare di avere tra le mani una vecchia bambolina fragilissima.

Il suo sorrisino dolce e rassegnato, la sua pazienza, la sua gratitudine, la sua perfetta lucidità mentale, il suo lasciarsi smanettare e guardare e violare la sua intimità in maniera così umile e al contempo così nobile.

Un piccolo corpo scheletrico, un tempo alto, armonioso e burroso che ci ha dati alla luce in 4, oggi massacrato da quasi 9 decenni di vita e dagli aghi delle recenti flebo.

La sera quando la metto a letto le dico mami se hai bisogno chiama, se ho bisogno chiamo io.

E lei risponde: sì, chiama, che io vengo.

Tutto questo mi devasta e nello stesso tempo me la fa amare ancora di più.

E mi fa desiderare di morire prima, perché io non so se riuscirei ad essere come lei.


Non ho ancora pensato a un logo. Ci penserò domani, che ora sono molto stanca.

giovedì 30 gennaio 2025

Sangue

 Stasera il sangue del mio sangue non ha il sapore famigliare e confortante del sangue, ma quello orribile della rabbia e del rancore. 

Il panico e il vomito per ciò che sto provando.

Spero che questa triste emozione mai provata prima (e proprio in un momento così difficile) cada nell’oblio dei miei sogni di stanotte e svanisca per sempre con le prime luci dell’alba di domani.

venerdì 27 dicembre 2024

Rothmen & Rothwomen rosse

Ultimamente sto affrontando con me stessa il problema sociale della dipendenza dalle persone e sono giunta ad una semplice conclusione: sto trasformando tutti in sigarette.

venerdì 18 ottobre 2024

Tanta pioggia e tiepido Climax (sulu cazzi miei)

 A volte penso delle cose che potrebbero essere degli incipit meravigliosi per post strepitosi.

Poi il pensiero si blocca e non riesce ad andare avanti; si schianta contro un muro, non trova un degno sviluppo, l’intensità non ascende.

Un po’ di giorni fa, per esempio, pensavo che ultimamente ho il naso sempre pieno di caccole.

Che incipit straordinario poteva essere.

Ultimamente ho il naso sempre pieno di caccole […].

E bon, non ho saputo che trama tessere su ‘sto pensiero che aveva delle grandissime potenzialità.

L’ho soffiato dopo giorni, quello è stato il massimo del climax raggiunto, e la vicenda si era già bella che sciolta e risolta su un tristissimo fazzoletto di carta dell’Eurospin.



Muro, RBSN & Marco Castello



sabato 5 ottobre 2024

Il mondo è un tipo irrazionale


Noi sulla Strada del Sale, fine settembre 2024.

(Dream Puppy, The Sweet Enoughs)

mercoledì 25 settembre 2024

Christopher, piuma di Airone

 Ho il vizio di giocare con la morte e poi certi fatti della vita rimettono al suo posto il mio macabro senso dell’umorismo.

Ho voluto cancellare l’ultimo post perché era veramente ridicolo e fuori luogo.

Ieri è morto Christopher Mai(r)one.

Un amico che vedevamo poco ma nonostante questo, una persona degna di essere chiamata Amico senza scomodare stucchevoli sentimentalismi. 


Chris, ricorderò per sempre i tuoi aperiporco, le tue mortali betoniere e il tuo aspetto da Big Jim rockettaro dietro al bancone dell’Airone.

Ricorderò per sempre il nostro amato Quinto Beatles, le tue grandi braccia, le tue afflizioni e le tue bestemmie quasi somiglianti a lodi.

Ricorderò i tuoi occhi vivaci e intelligenti che ci sorridono anche quando sei triste e scazzato nel tuo nichilismo.

La tua anima teneramente mammona e fragile, dipinta di tatuaggi aggressivi.

Ricorderò quel bisogno di confronto e di conforto, mentre ti prendi una pausetta dal bancone o dalla tua cucina angusta, e vieni a sederti insieme a noi, tra le sigarette, gli shottini, i camparini alla goccia e le note pesantissime del tuo metal e del tuo rock.

Ricorderò per sempre la tua fierezza e la tua grandezza, pur essendo minuscolo sotto il peso dei tuoi dolori e dei tuoi turbamenti.

Ciao Chris, spacca come solo tu sai fare tutti gli angeli, i santi e i diavoli che da stasera passeranno per il tuo bancone.

Ci rivedremo un giorno, sai?, e questa volta saremo noi a darti del vecchio di merda, perché quaggiù siamo nati prima noi, ma Lassù sei nato prima tu.

🖤🤟




giovedì 5 settembre 2024

Ferie 2024

 


Ho trovato questa nota scritta lo scorso 2 agosto, qualche ora prima della partenza serale per le ferie col Westfalia, furgoncino camperizzato, classe 1981.

Le note danno sempre delle soddisfazioni, ti dimentichi di averle scritte e si ripropongono inaspettatamente come il peperone, che quando torna su mantiene lo stesso sapore di quando l’hai ingerito.

Nelle cose da smarcare  (e che smarcai tutte diligentemente, da brava organizzatrice di eventi) mi ero dimenticata di mettere un paio di must have che forse, più di un kilim persiano da stendere in campeggio davanti al furgone per fare il dehor figo, avrebbero potuto tornare utili all’occorrenza, tipo una testa del motore nuova e l’opzione dell’assistenza stradale inclusa nell’assicurazione. Ma uno non può mica pensare proprio a tutto.

La mattina di sabato 3 agosto, circa 24 ore dopo la stesura di questa nota, invece di sciacquarci i genitali nello splendido mare dell’Almanarre a Hyeres, bivaccavamo nel cortile di un meccanico russo di Ventimiglia in attesa che mio fratello venisse a recuperarci, insieme ai sacchetti con dentro le cose da smarcare citate in nota e qualche valigia.

Al grido di “AH, STARE BENE”.


Unica foto delle vacanze 2024,
a 188 km dall’Almanarre.
Purtroppo manca la foto dell’altro carrattrezzi che si è portato via la macchina di mio fratello, andata in avaria nei pressi di Imperia nel tentativo di riportarci a casa il pomeriggio di sabato 3 agosto,
STARE BENE.



sabato 29 giugno 2024

Cosa volevo dire/3

In realtà volevo dire che sto imparando a tenermi un sacco di compagnia, mi parlo, mi scrivo, mi leggo; mi sopporto e mi supporto; mi mi castigo e poi mi perdono.

Non tutto, ma quasi tutto. Devo per forza essere un filino indulgente con me stessa  se no si ritorna a Cosa volevo dire/1 che le sedie sono cattive e mi accendo l’ennesima sigaretta dal dispiacere.

Quando si inizia ad essere molto bravi in tutta questa socializzazione e intimità con se stessi, significa che si sta disimparando a farlo con le altre persone.

Stasera avrei dovuto essere da Mariano a vedere la partita con un po’ di gente, ma far finta di essere dispiaciuta che ha appena segnato la Svizzera, sarebbe stato impegnativo quasi quanto prendere 4 dita in culo.


Ma no, non è nemmeno questo che volevo dire.

Non lo so più cosa vorrei dire, e soprattutto a chi.




lunedì 10 giugno 2024

Un popolare week end di merda

 Ieri sono  andata a Pietra a una festa di compleanno.

La serata è stata molto carina, mi ero pure messa su figa, ma forse mi sentivo solo io così, perché in effetti nessuno mi ha detto belin oh come sei figa stasera. L’importante è sentiselo, dicono, così la tua certezza di essere una figa ti fa emanare bellezza da tutti i pori.

Ma è anche tristemente vero che varcare quella sottilissima linea di confine tra l’essere una figa e l’essere una sfigata è un attimo e il risultato è disastroso.

Così come è un attimo virare velocemente, nella rotta di una serata carina, verso un epilogo di merda.

Tutto ciò per un nonnulla che non posso manco raccontare, ma io ho un debole per i nonnulla che mi scatenano le crisi da isterica psicopatica, e telolì che la scenata te la servo, una volta congedati dalla cumpa, come digestivo perfetto per quella strepitosa polpetta albanese all’aglio, che ho continuato a ruttare fino alla mattina dopo.

Che poi non è stato tanto il fatto di vedere il mio uomo chiedere alla festeggiata se poteva annusare direttamente dal suo collo il profumo che le avevano appena regalato, decretando, dopo l’innocua e profonda pippata, quanto l’essenza fosse assai sensuale. Peraltro lo stesso identico profumo, lo aveva appena annusato direttamente dal decoltè gentilmente offerto al suo naso da un’altra commensale seduta al suo fianco: il suo “VUOI ANNUSARE??” è decisamente stato un raro capolavoro di arte della seduzione sapientemente camuffato da test olfattivo, che ci voleva giusto la sua laurea da psicologa per pianificarlo e metterlo in atto in maniera così raffinata e discreta. 

D’altro canto il bis sulla festeggiata era comprensibilmente d’obbligo, casomai il mio esperto profumiere non avesse ben colto alla prima nasata sulla psicoterapeuta qualche nota olfattiva dell’ampia gamma di sentori che la sensuale fragranza emanava.

Ma che vuoi che sia, son ragazzi, non è stato quello a farmi scattare la carogna, anche perché la serata era carina e io mi sentivo figa, quindi che cazzo me ne poteva fregare di certe curiosità?

È stato ben altro che nulla ha a che vedere con la gelosia. Ma ripeto, non è così importante che lo racconti.

È importante dire che mi sentivo figa, e forse avevo anche beccato il mio vicino di tavolo a sbirciarmi il culo. Quant’è che non mi succedeva. Forse mi ero sbagliata, forse no. Boh. Ma non mi aveva certo dato fastidio, anzi.

Comunque, dicevo, la serata ha avuto un’evoluzione orribile, a mezzanotte dovevamo andare all’Airone e invece a mezzanotte e mezza ci siamo trovati in mezzo a una strada periferica di Pietra a litigare come la peggiore coppia di disagiati bevuti che si possa immaginare, per colpa mia, perché io non sono sufficientemente comprensiva.

All’una passata eravamo ancora a fare a gara a chi doveva rientrare a Genova a piedi da quella cazzo di strada e chi doveva rientrare con la macchina. Ovviamente entrambi volevamo farla a piedi, per fare un dispetto all’altro.

Alla fine si è deciso saggiamente che saremmo tornati entrambi in macchina.

Ho guidato io, perché l’accordo tra noi è che quando si è a rischio, guida chi non è il proprietario dell’auto.

Tragitto Pietra/Voltri continuando a litigare e a dirci le peggio cose.

Io iniziavo a chiedermi come mai mi fossi sentita così figa, dato che in effetti non avevo raccolto grandi segnali di apprezzamento, a parte appunto quel fugace sguardo al mio di dietro di cui non ero neanche certa.

Comunque, arrivati a Genova dopo le due, mi sono fatta mollare sul piazzale sotto casa mia come una baldracca da due lire e ciao, ci si becca, ‘tanto al momento ci siamo mezzi lasciati come mille altre mezze volte e vaffanculo.

Oggi pomeriggio, mettendo a posto i vestiti che mi sono tolta stanotte prima di coricarmi sul divano (si, perché io dormo sul divano, il letto lo uso solo per buttarci i vestiti quando mi spoglio), mi accorgo con orrore di uno squarcio enorme nei jeans stretti, vecchi e lisi, di quei jeans brutti comprati dai cinesi, non so ancora perché cazzo me li sia messi, ma - come detto - mi sentivo figa.

Uno squarcio che li attraversa esattamente lungo tutta la linea del culo, separando le due chiappe.

Me li sono rimessi per vedere l’effetto che ho fatto la sera prima, mentre mi sentivo una gran figa.

Cotanto culone coperto da una maxi mutanda nera ascellare (perché per essere figa, io sotto devo mettere il mutandone panciera, altrimenti il jeans mica si allaccia) strabordava dallo squarcio maledetto, regalandomi quel vago aspetto da vecchia stracciona che si atteggia a figa, mentre sospettavo compiaciuta che mi si guardasse il culo per motivi sessuali e mentre quell’altro era intento a inebriarsi innocuamente (è importante precisarlo) nei livelli della piramide olfattiva emanata da ben due Signore.

Avrei voluto piangere di umiliazione per un’oretta o due, ma non l’ho fatto perché ero già in ritardo e dovevo andare a votare con mia madre.

Stasera provo mortificazione soprattutto per due cose:

  1. che il mio uomo evidentemente manco mi guarda, perché se mi avesse guardata anche solo un attimo, mi avrebbe avvisata della epocale figura di merda che stavo facendo mentre mi sentivo una figa con la braga sguarata (e pensa se andavo anche all’Airone);
  2. Che questo non è manco stato l’epilogo peggiore di questo week end di merda.

Oggi si votava per le europee. Devo dire che in questo periodo non mi sono preparata per niente, ho avuto diverse cose per la testa e parliamo di una  testa che non mi sta funzionando più tanto bene, ma questa è un’altra storia.

Arrivata al seggio, indecisa se a ‘sto giro dare il voto ai 5 stalle, mi sono fermata dalla porta della sezione 49 a guardare il cartello coi simboletti. Ne ho visto uno che porta il nome di Popolare qualcosa, o qualcosa Popolare. La parola Popolare mi ha attirata. 

Sarà che ieri volevo essere popolare da quanto ero fica. Boh, mi sono detta, sarà il solito partitello estremamente comunista, rimasuglio sfigato del PCI che sono solita votare con gioia.

Massì, facciamole le cose a cazzo, come decidere di infilare il culo in un vecchio jeans troppo stretto, vada per Popolare qualcosa o qualcosa Popolare, me la sento anche senza l’aiuto di Google.

Sono entrata nel gabbiotto fiera come la Delia di C’è ancora domani, ho aperto la scheda e ci ho piazzato una bella X, spessa e ignorante come me.

E vaffanculo anche ai fasci.

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Dopo successiva verifica su Google, sia messo agli atti che nell’anno 2024, Ale Gozzi, per la prima volta in vita sua a quasi 52 anni, quella che ieri faceva la figa con uno sguaro in culo, ha votato un partito di imbarazzante ispirazione conservatrice, catto-democratico di centro-DESTRA, che nelle sue ideologie ha, tra altre cose, i seguenti punti: l’opposizione all’eutanasia, l’opposizione all’aborto, l’opposizione al matrimonio omosessuale (non parliamo poi delle adozioni) e l’opposizione alla liberalizzazione delle droghe leggere.

🤟





Aggiornamento del 10 giugno ore 20.39: in Europa avanza la destra ma io fischietto e faccio finta di niente.

mercoledì 29 maggio 2024

Cosa volevo dire/2

 Cioè, veramente non è proprio quello che volevo raccontarti qui, mi è scappata la divagazione sulle sedie.

Mi è venuto in mente che ripresi anni fa a fumare per ridare un senso ad un posacenere sul quale da tanto tempo non si posava più la cenere. Mi faceva tenerezza.

E in effetti volevo parlarti di quanto mi piacciano i posti che un tempo erano affollati e poi li abbiamo  abbandonati, tipo una spiaggia in inverno dove anni prima ho fatto il pic nic in una sera d’estate, o questa piattaforma dove non ci sono più le parole che tanto vorrei, o una casella di posta che non riceve più la posta, o la vecchia tovaglia verde da gioco di mio padre che non vede più le carte e le fiches da anni; il vespasiano di Brignole dove nessuno va più a pisciare, la scalinata di piazza piccapietra dove facevo le gare di sputi neri di liquirizia con la Ludo, l’ingresso della Stazione Principe dove non c’è più quella ragazza che aspetta l’arrivo di un treno con un bimbo in braccio che stringe tra le dita taccolente un orsetto di gomma, o quel vecchio vestito dove non entreranno mai più le mie forme; il bar di Sturla dove il jukebox non suona più in loop Wurhering Heights; la Madonna del Monte, dove non si vedono più le madonne, la neve degli anni in cui nevicava e la bottiglia vuota di Veuve Clicquot.

Di cose così, volevo parlarti.

Della mia nostalgite per i posti e gli oggetti insignificanti e abbandonati, appesi tra la vita e la morte: non vivono più ma non muoiono mai.

Ma non è nemmeno questo esattamente che volevo dirti stasera.