È come se l’universo volesse comunicarmi qualcosa.
Si rompe tutto: dal frigo alla macchina che non parte. Si rompe la musica, si rompe la mia forza, la mia voglia di fare cose, si rompe il piacere di bere, il piacere del piacere e il piacere di piacere.
Si rompe la vitalità del mio corpo, che trova sollievo solo se sta seduto o coricato.
Si rompe l’appetito, si rompono le unghie. Si rompe la saracinesca del garage, la voglia di lavorare e quella di raccontarmi.
Si rompono i miei coglioni, qualunque cosa cerchi di fare.
La lavatrice, andando, fa rumori strani, e io ho paura che si rompa pure quella.
Ma la paura peggiore è che si stia compendo anche la rottura di qualcosa di veramente grande senza che io lo sappia, e il dubbio genera un’ulteriore rottura nella mia anima.
L’unica cosa che non si rompe è il silenzio dell’universo, perché forse mi sono sbagliata, forse lui non ha mai avuto la necessità di comunicarci proprio un gran cazzo. Lui sta da sempre solo compiendo indisturbato la sua porca e divina manifestazione, creando quello scorrere implacabile di cicli micro e macro che noi stupidi chiamiamo “il tempo”.
Ed è in questo scorrere che le cose e le persone, prima o poi, si rompono.
Il principio e la fine sono concetti che concepiamo solo noi.
Se non mi parli tu, una cosa te la dico io: ma vaiaffancùlo, va.
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