Alla fine è andato e io sto più o meno come avevo preventivato. Solo un filino peggio.
Qualcosa è sfuggito alle mie previsioni che credevo perfette, anche riguardo l’intensità della mancanza.
Stanotte, prima notte di circa 180 in cui non sentirò i rumori dalla sua camera.
Domani primo giorno di circa 180 in cui non litigherò per il suo disordine o per qualche sua noncuranza, non rientrerò dal lavoro trovando almeno un piatto da lavare e un suo bacino sulla guancia, non gli dirò “ciao non fare troppo tardi” quando esce, non ceneremo insieme in sala davanti a un episodio di una qualsiasi serie, non gli darò la rumenta da buttare o non gli farò portare su la spesa, non mi sentirò rompere i coglioni per le sigarette che fumo, non avrò davanti il suo faccino, non mi chiederà un grattino per poi mandarmi affanculo se gli metto le mani tra i ricci.
Sai cos’è? Non è tanto il fatto di non averlo più attaccato alla gonna, perché non è mai stato attaccato alla mia gonna, nemmeno quando era piccolo.
Poi figurati, io porto quasi sempre i pantaloni.
In realtà ognuno di noi conduce una vita molto indipendente e autonoma, io esco, lui entra, io torno, lui esce, io resto, lui torna.
È questa la nostra giostra da anni.
Come una danza dove le pause e gli accenti sono certe piccole abitudini domestiche che sanno solo di noi, attimi di riposo condiviso così sottili e a volte così brevi da essere quasi impercettibili, ma che per me assumono lo spessore immenso del rifugio reciproco, quando dopo un po’ l’indipendenza e l’autonomia stancano il corpo e la mente di entrambi.
Ecco questi 180 giorni e queste 180 notti sono le prove generali per prepararmi al momento in cui un’era durata una manciata di anni, giustamente e fortunatamente si concluderà.
Io chiedo perdono alle leggi della vita a cui bisogna attenersi, ma ci sono affezionata a questa era, mi fa stare bene, mi fa stare a mio agio, fra tutte forse è quella in cui mi sono sentita più al sicuro e più adeguata, e non ci posso fare un cazzo se mi dispiace che abbia un termine, cristoiddio.
So che se non avesse un termine, lui non potrebbe vivere un giorno tutte le sue ere che lo aspettano, so che quando le vivrà lo farà con qualche frammento di ciò che gli ho lasciato io nel corso delle precedenti ma soprattutto di questa.
Allora forse è questo il vero significato delle belle ere e il motivo per cui devono finire. Per permettere che si rinnovino e continuino nella vita di altre anime.
Le belle ere non sono mai del tutto nostre, sono di chi le eredita e poi di chi, a sua volta, le prenderà in eredità.
Tipo la nostra giostra: io esco, lui entra.
Devo ricordarmela sempre ‘sta cosa.
È figa.
In 180 giorni e 180 notti, io avrò il tempo di imparare, sarà il mio personalissimo Erasmus a chilometro zero, fatto nella stessa casa dove ho vissuto per 24 anni e parlando la stessa lingua che parlo da 50, ma è tutto come se fosse un po’ diverso a partire da stanotte, la numero 1 di circa 180.
E mi farò trovare pronta quando dovrò affrontare la fine di quest’era e l’inizio di una nuova, forse più mia, ma con migliaia di suoi frammenti conficcati dentro di me eternamente.
Solo che non mi aspettavo che questa prima notte di 180 potesse essere così cupa e solitaria.
Me l’aspettavo un po’ meglio.
Doveva essere un po’ meglio.
Ma è andata così, il mondo è un tipo irrazionale.
Buonanotte, amore mio.
E buonanotte a chi ha la luna maledetta.