domenica 4 novembre 2018

Pillola rossa o pillola blu

Da tempo ormai mi sembra di vivere in una specie di Matrix, un posto finto dove tutto quello che sei convinto sia la realtà è invece una enorme illusione, una favoletta, una bugia. 
Ma non c’è nulla di fantascientifico in tutto questo, non ci sono macchine dominatrici che inviano a nostro cervello immagini virtuali che ci fanno percepire una realtà che in realtà non esiste, siamo semplicemente noi che la ce la creiamo reciprocamente, siamo amici conoscenti parenti amori e amanti programmati per dare l’immagine che vogliamo dare di noi o di chi ci sta vicino.
Le percezioni che ne conseguono sono reali ma ciò che viene spacciato per vero è fittizio.
La realtà è quella che vive nelle teste inaccessibili di ogni individuo, ma fuori da quelle teste esiste solo un mondo distorto.

Ho pensato a questa cosa mentre ero nel paese di sta minchia. È nei piccoli paesi che si manifesta maggiormente la mia cecità e la beffa dell’apparenza, proprio perché ad una prima percezione assolutamente reale sembrano così al limite tra la vita e la morte e immaginare intrecci assurdi di vite in un contesto del genere è quasi impossibile. La distorsione di fatti e persone, nel paese di sta minchia, ha trovato per me il suo più grande esempio.

  • Dove finisce il paese di sta minchia, c’è un parcheggio affacciato sul mare, dove una volta ho scattato delle foto molto belle. Io stanotte sono andata da sola in quel parcheggio, ho ascoltato musica, ho fumato qualche sigaretta, ho respirato l’aria di pace e tranquillità di un paese mezzo morto il sabato notte, ho tirato le somme di quest’ultimo week end e non sono mai uscita dalla macchina perché non volevo andare in nessun altro posto; fosse anche cascato il mondo, mai e poi mai avrei messo piede fuori dalla mia macchina. Dopodiché ho messo in moto e me ne sono andata.
  • Dove la banca di Cherasco fa angolo, nel paese di sta minchia, c’è una stradina molto buia di notte, lì chiunque può  fare tutto quello vuole e nessuno può vederlo. Io stanotte sono uscita dalla macchina posteggiata davanti al mare e sono andata all’imbocco di quella stradina dove ancora il buio non inghiottisce tutte le cose, mi sono tirata giù le braghe e le mutande, ho allargato le gambe, mi sono accucciata e, come una cagna che deve segnare un territorio, ho iniziato a urinare superbamente e lungamente, schizzando piscio sulle pareti della cazzo di Banca di Cherasco e lasciando lì ogni tossina che mi avvelenava. Dopodiché sono tornata al parcheggio che si affaccia sul mare, sono salita in macchina, ho messo in moto e me ne sono andata.

Una delle due versioni è una piccola Matrix.



Erik Truffaz, let me go


1 commento:

John Andersson ha detto...

Si chiama incontinenza. Incontinenza di sta minchia.