Non sapevo se era più la volgia di sorridere o più quella di piangere, negli intermezzi tra un’ondata di rabbia e l’altra in cui avrei spaccato il bicchiere in testa a chiunque mi rivolgesse lo sguardo. C’era un gruppo di tedeschi felici che si facevano i selfie, una coppia che beveva Irish coffee e il loro cagnetto sotto il tavolo, giovani dentro alla Strambata che facevano casino, il mare abbastanza incazzato che sbatteva sulla riva di Boccadasse, una luna opaca e forse piena e io fuori che bevevo il kraken.
C’era ‘sto bicchiere che calava lacrime alcoliche, piangeva lui per me.
C’era ‘sto bicchiere che calava lacrime alcoliche, piangeva lui per me.
Era lo stesso posto dove eravamo andati due anni prima per il mio compleanno, quando le rose e gli altri fiori stavano crescendo nella nostra coppia da poco venuta alla luce del sole e le spine non ci avevano ancora punto.
Ma era più attuale e quasi confortante questo scenario, con la consapevolezza che quando si mette a girare velocissimo l’Amorebello per stare al passo coi tempi, con l’ambiente, con le tentazioni e con la regola dello stare al mondo, l’Amorebello ti fa vedere tutte le sue facce, ti tira fuori le tue e tu non ci capisci più un cazzo, poiché il tuo caos non ha un volto ma il buon senso richiede ordine ed emozioni giuste al momento giusto.
Quella sera però avevo un mio posto diverso dal solito dove dormire, roba da sentirsi al sicuro proprio, come la brava gente grande e con un’indipendenza certificata, al costo di soli 65 euro.
Era la vigilia di una Pasqua di merda, poteva essere la vigilia di non so che cosa, ma qualcosa doveva per forza essere crocifisso per permettere una risurreziine.
Qualcosa doveva cambiare, nel bene o nel bene, qualunque bene fosse, Amen, che vuol dire Così Sia.
Dopo il kraken mi sarebbe anche piaciuto partecipare a una solenne santa messa pasquale, madre di tutte le veglie col fuoco e tutte le strabenedette madonne liturgiche, ma l’ultimo posto disponibile su booking.com era stato prenotato trentun minuti prima.
Dopo il kraken mi sarebbe anche piaciuto partecipare a una solenne santa messa pasquale, madre di tutte le veglie col fuoco e tutte le strabenedette madonne liturgiche, ma l’ultimo posto disponibile su booking.com era stato prenotato trentun minuti prima.
Che strana buona Pasqua, amore mio.
Fake Plastic Trees (cover Radiohead, coro femminile)
“If I could be who you wanted, all the time.”
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